La Corte di Giustizia, con la sentenza del 21 novembre 2018, - in merito alla questione pregiudiziale sollevata riguardante la compatibilità con gli artt. 113 e 114 TFUE e con la direttiva IVA della normativa nazionale italiana dettata dagli artt. 62-sexies, comma 3, e 62-bis, del D.L. n. 331/1993, convertito in L. n. 427 del 29 ottobre 1993, nella parte in cui consente l’applicazione dell’IVA a un volume d’affari globale induttivamente accertato, sotto il profilo del rispetto della detrazione e dell’obbligo di rivalsa e, più in generale, del principio di neutralità e traslazione dell’imposta - ha dichiarato che la direttiva IVA, nonché i principi di neutralità fiscale e di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, che consenta all’Amministrazione Finanziaria, a fronte di gravi divergenze tra i redditi dichiarati e i redditi stimati sulla base degli studi di settore, di ricorrere a un metodo induttivo, basato sugli studi di settore stessi, al fine di accertare il volume d’affari realizzato dal contribuente e procedere, di conseguenza, a rettifica fiscale con imposizione di una maggiorazione dell’IVA.
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