La Suprema Corte, con sentenza n. 5160 del 26 febbraio 2020, ha enucleato il principio di diritto in virtù del quale il divieto di domande nuove, previsto dall’art. 57, comma I, D.lgs. n. 546/1992, trova applicazione anche nei confronti dell’Ufficio finanziario, al quale non è consentito, innanzi al giudice d’appello, avanzare pretese diverse, sotto il profilo del fondamento giustificativo, e dunque sul piano della causa petendi, da quelle recepite nell’atto impositivo. Pertanto, il processo tributario di appello non permette all’ Amministrazione Finanziaria di dedurre in secondo grado profili diversi rispetto a quelli indicati nell’avviso di accertamento, così da mutare i termini della contestazione. Da ciò ne consegue che l’avviso di accertamento deve contenere specificamente le ragioni della pretesa erariale, atteso che è esclusa la possibilità per l’Ufficio di integrarle successivamente in giudizio.
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