La Corte di Cassazione, con sentenza n. 31604 dell’11 novembre 2020, chiamata a pronunciarsi sulla discussa questione della inquadrabilità del captatore informatico (cd. trojan horse) nell’ambito del divieto di cui all’art. 188 c.p.p., ha espressamente escluso che lo stesso possa inquadrarsi tra “i metodi o le tecniche idonei ad influire sulla libertà di determinazione del soggetto”, vietati, per l’appunto, dalla succitata disposizione codicistica. Il trojan horse, infatti, come precisato dai giudici di legittimità, «non esercita alcuna pressione sulla libertà fisica e morale della persona, non mira a manipolare o forzare un apporto dichiarativo, ma, nei rigorosi limiti in cui sono consentite le intercettazioni, capta le comunicazioni tra terze persone, nella loro genuinità e spontaneità».