La Corte di Giustizia, con sentenza del 26 settembre 2019, causa C-63/18, si è pronunciata sulla normativa italiana in materia di appalti pubblici in virtù della quale il subappalto non può superare la quota del 30% dell’importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture (art.105, comma II, D.lgs. n. 50/2016, c.d. Codice appalti). Sebbene le restrizioni imposte dalla normativa italiana siano finalizzate a contrastare la criminalità organizzata nell’ambito degli appalti pubblici e prevenire, quindi, il fenomeno dell’infiltrazione mafiosa nelle commesse pubbliche, tutelando, così, l’ordine pubblico, la Quinta sezione della Corte di giustizia ha comunque ritenuto la normativa italiana succitata non in linea con le norme Ue ed incompatibile con la direttiva 2014/24.
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