La Suprema Corte, con ordinanza n. 25247 del 25 ottobre 2017, ha confermando quanto deciso nel giudizio di secondo grado, nell’ambito del quale la Corte di merito ha fatto corretta applicazione dell’art. 2051 c.c. ed ha escluso che la lieve asperità della strada, teatro della caduta, poteva costituire un’anomalia sufficiente da configurare da un lato il nesso causale tra cose in custodia e caduta e dall’altro un’insidia ascrivibile a colpa dell’ente proprietario della strada. Il fatto dannoso è, dunque, ascrivibile alla grave negligenza della conduttrice del ciclomotore, che aveva omesso di usare la minima attenzione al fine di non imbattersi nell’evitabile dissesto stradale.
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