La Corte di Cassazione, con sentenza n. 8459 del 5 maggio 2020, ha chiarito che è legittimo acquisire campioni biologici presso l’ospedale al fine di accertare la paternità naturale, superando, per “fini di giustizia”, il divieto di accesso e utilizzo dei dati sensibili. Il consulente tecnico d’ufficio nominato dal giudice, infatti, può, nell’ambito di un giudizio di dichiarazione di paternità, acquisire i dati sanitari del presunto padre a seguito della domanda di accertamento di chi aspira a vedersi riconosciuto nella qualità di figlio naturale, non essendo configurabile alcuna lesione del diritto alla tutela dei dati personali.
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