La necessità di risolvere definitivamente uno dei dibattiti più accesi, sia in dottrina che in giurisprudenza, concernente la definizione dei confini tra mutatio ed emendatio libelli, nonché i mutamenti del quadro normativo di riferimento avvicendatisi negli ultimi anni, hanno richiesto l’intervento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, che, con sentenza n. 22404 del 13 settembre 2018, – con riferimento alla questione se la parte possa modificare la domanda inizialmente proposta in azione di adempimento contrattuale in una richiesta di indennizzo per arricchimento senza causa con la memoria ex art. 183, comma VI, n. 1 c.p.c. – hanno ribadito il monolitico principio di diritto già espresso in precedenza con la rivoluzionaria sentenza n. 12310 del 15 giugno 2015. In ossequio a tale principio, fermo restando il tassativo divieto di introduzione di una nuova domanda nel corso della controversia (c.d. mutatio libelli), la modificazione della domanda ammessa a norma dell’art. 183 c.p.c. può riguardare anche uno o entrambi gli elementi identificativi della medesima sul piano oggettivo (petitum e causa petendi), sempre che la domanda così modificata risulti in ogni caso connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio, e senza che per ciò solo si determini la compromissione delle potenzialità difensive della controparte ovvero l’allungamento dei tempi processuali. L’aggiornamento, dopo aver analizzato l’evoluzione giurisprudenziale in materia e definito gli aspetti che caratterizzano le domande nuove, le domande precisate e quelle modificate, riporta il testo integrale delle sentenze pronunciate dalle Sezioni Unide della Cassazione nn. 12340/2015 e 22404/2018.
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